Il ritorno di Godzilla, in sala da ieri anche in 3D, non avrebbe potuto essere più terrificante e spettacolare. E lei, Elizabeth Olsen, dà prova di grande talento. Per
anni è stata “oscurata” dal successo delle sue sorelle gemelle, mentre
invece ora ci scherza su dicendo di essere figlia unica.
La piccola di casa (classe ’89) sembra davvero cresciuta. Nel
blockbuster interpreta Ellie, la moglie di Aaron Taylor-Johnson, attore
accanto a cui la rivedremo nel sequel di Avengers e che ha già fatto
capolino in Capitan America: The Winter Soldier. L’attore qui interpreta
il tenente Ford Brody, un ragazzo coraggioso che eredita la missione
del padre (Bryan Cranston di Breaking Bad) di “salvare” la terra da una
minaccia sconosciuta.
Cosa l’ha spinta ad accettare la parte di Ellie?
Uno dei motivi per cui mi sono sentita attratta dal ruolo è stato quello
di mettermi alla prova interpretando una madre. Pensa che chi lavora in
ospedale come lei abbia la responsabilità degli altri e non solo dei
propri figli. La sfida maggiore di questo personaggio è stato capire
come bilanciare l’emergenza di quella situazione.
Cosa si prova a ritrovarsi a fronteggiare un mostro?
Non abbiamo considerato la faccenda come si trattasse semplicemente di
un mostro ma di una tragedia nazionale, qualcosa di veramente terribile.
Noi americani non viviamo spesso simili esperienze, le conosciamo
perché accadono in altri paesi, così volevamo ritrarre queste storie che
abbiamo visto nei documentari o letto sui giornali e riproporre cosa si
prova ad affrontare la gente nei momenti di terrore.
Come ha lavorato con Aaron Taylor-Johnson?
Aaron è padre, quindi è consapevole di cosa comporta questo ruolo,
tornare a casa e trovarsi con bambini di una certa età e poi di
doversene separare.
In Godzilla alcuni aspetti chiave del film sono stati creati
digitalmente, come hai capito cosa provava il tuo personaggio in un
certo momento?
Il regista ci ha mostrato la previs [previsualizzazione animata]. Non mi
era mai capitato di vederla in passato, in pratica erano cartoni
animati che reagivano a certe situazioni ed è stato veramente
divertente. Mi diceva: ‘Questo è quello che viene da quell’angolo e
questo dall’altro angolo’ oppure ‘Questi sono fumo e vetri rotti.’ In
pratica mi spiegava cosa sarebbe successo sul set. Ed io di conseguenza,
sapendo cosa avrebbero inserito digitalmente, reagivo fingendo terrore o
quant’altro.
E come?
Guardavo in alto verso un palazzo, la pioggia scendeva a catinelle e
pensavo ad un percorso - dovevo fare sette passi indietro, girarmi,
guardare e poi la camera si sposta verso destra. Pensavo agli
spostamenti di macchina, sotto la pioggia e l’unica cosa che mi veniva
in mente era: ‘E se sul tetto del palazzo ci fossero dei cecchini o
altro?’. Qualcosa di tangibile, non un mostro enorme. Perché se mi fossi
immaginata un mostro avrei reagito con un ‘Wow!’ invece di essere
spaventata [Ride].
In quale momento si è divertita di più?
Nelle improvvisazioni con Carson Bolde, il bambino che interpreta mio
figlio Sam. Quando siamo a cena parlando del ritorno del padre, abbiamo
cercato di non fargli capire cosa stavamo facendo e cercavamo invece di
farlo parlare della scuola e per fortuna non ha fatto riferimenti alla
sua vera mamma o al papà o alla sorella. Lavorare con un bambino è una
sfida veramente interessante: mette a dura prova la nostra pazienza ma
voglio rifarlo.
Cos’ha di speciale il film?
La cura per i dettagli della storia è stata veramente fantastica. Non
sembrava che stessimo raccontando una storia di mostri, ma di persone.
C’erano sempre dei risvolti di significati. Non si può più fare un film
solo per stupire. Lo spettatore di oggi è più smaliziato. Quindi è
divertente fare parte di un progetto che ha un suo vero punto di vista
sulla società, sulla natura e sull’essere umano, sempre tenendo ben
presente quello per cui la fantascienza è stata creata. Questi mostri
sono stati sempre creati per rappresentare qualcosa a cui la gente non
può accedere o esprimere in maniera palese. Ha sempre rappresentato
qualcosa di più grande, che col tempo ce ne siamo dimenticati. Ma credo
che vi stiamo facendo ritorno. E credo anche che il bello di questi film
sia il fatto che rappresentano qualcosa di più ampio e non solo una
situazione da fine del mondo.
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